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«Padre Ignazio de Juliis (nato con il nome di Giulio) morto in Chieti capitale di Abruzzo con vantaggioso credito di sanità, fu cittadino della Cava, deliziosa e ricca città del Principato Citeriore presso Salerno, ed ebbe per genitori Alferio de Juliis dottore di leggi e Caterina Gagliardi donna di stirpe nobile. Nella sua patria passò gli anni teneri della gioventù sotto la educazione di un monaco di San Benedetto nell’antico e celebre Monastero della Trinità, in cui poco mancò che non vestisse l’abito di quel Santissimo Patriarca, che richiesto da lui, non gli fu conceduto, per le opposizioni fatte dal padre. Questi temendo che il figliuolo, propenso per virtù e per indole ad essere religioso, non gli scappasse di mano, sul principio dell’adolescenza fuori dal Monastero lo trasse, e mandollo a studiare in Napoli nelle Scuole dei Gesuiti. In questa apprese la felicità delle buone lettere, e proseguendo a nutrirsi col sostanzioso latte della devozione, compì il terzo lustro di età (...). Ma una malattia sopravvenutagli lo costrinse a far ritorno nella casa natia, dove pericolando per la sua vita, ricorse a S. Ignazio, la cui devozione aveva appreso dai suoi Maestri., e ne riportò la sanità richiesta.
Tornato a Napoli, in riverenza al del Santo suo liberatore, depose l’antico nome di Giulio e chiamar si volle Ignazio; e questa è la ragione per cui gli Autori e i Codici che parlano di lui, variamente lo appellano (...).
Frattanto il Santo Padre coll’amor del suo nome gli infuse un forte affetto al suo istituto, e bramando al sommo di professarlo, gli fu differito l’ingresso per le replicate opposizioni dei suoi, principalmente sopra l’esser egli l’unico erede del suo casato. Or il giovane per nulla avendo tal motivo, prese a studiar filosofia, risoluto tra sé di farsi religioso; tosto che per diritto di emancipazione il potesse, e perseverante nel suo proposito, d’anni 18 vestì le lane dei gesuiti, su lo spirare dell’anno secondo del nuovo secolo (1602; ndr).
(...) Fatto il salto fuori dal mondo (...) mandato fosse ad ammaestrar fanciulli nella scuola dell’Aquila, città famosa dell’ulteriore Abruzzo dove cominciò ad impiegarsi nella santificazione degli altri: i suoi scolari ne riportarono vantaggio, e molti di loro eruditi non meno nello spirito che nelle lettere, ne seguitaron l’esempio con entrare in diversi Ordini religiosi.
(...) Conceduto per sempre alla città di Chieti, capital dell’Abruzzo, fin che visse intraprese lascio in dubbio se maggior fosse la moltitudine delle opere intraprese o la diligenza e attuosità in esercitarle (...) Presedeva tre Congregazioni, delle quali una composta da Gentiluomini, e frequentavasi ogni domenica; un’altra di Giovani di svariati ceti, e tenevasi ogni venerdì; la terza di Artigiani.
(…) Mentre orava un dì innanzi al Divin Sacramento, sentì, come narra uno storico, chiamarsi per nome e da chiara voce quello gli parve di udirsi dire: “Ignazio, affrettati, e preparati al vicino passaggio all’eternità, né ti dispiaccia il permutare questo temporal soggiorno col riposo eterno”.
(…) Santamente la mortal peregrinazione finì nella mentovata Chieti a 13 febbraio d’anni 42».


La Chiesa di San Giacomo prima del restauro


tratto da "L' ’Arciconfraternita del Purgatorio e Padre Ignazio De Juliis" a cura di Arturo Infranzi