La religiosità
La chiesa di S.Giovanni Battista a Rotolo
La chiesa di San Giovanni Battista è parte di un piccolo complesso architettonico che comprende anche il campanile, la sacrestia, l' oratorio di Santa Maria della Purificazione (contiguo alla parte destra della chiesa), costruita nel 1653 con altri locali, e sorge nella frazione di Rotolo-Casaburi in Cava de' Tirreni.
Il contesto paesaggistico ha aspetto rurale e rada edificazione. La Chiesa di S. Giovanni Battista è stata eretta in data incerta. Un primo cenno si trova nella bolla di Papa Alessandro III del 1168 in cui è scritto che apparteneva alla Badia alla quale veniva confermata.Solo nel 1441 sotto il re Alfonso I d’Aragona veniva elevata a parrocchia.
La chiesa presenta un ricco interno in stile barocco e una semplice facciata neoclassica. Ha pianta longitudinale, a navata unica, terminate con un'area presbiteriale a "tricora", copertura a botte lunettata sulla navata e cupola sul presbiterio. I partiti decorativi dell'interno definiscono, alle pareti laterali della navata, una serrata scansione di archi a tutto sesto, incorniciati e intervallati da coppie di lesene corinzie, su cui corre il cornicione a sostegno della volta a botte e delle lunette finestrate. Gli archi, a loro volta, inquadrano piccoli vani incassati nella muratura perimetrale, aperti verso la navata, dove trovano alloggio gli altari laterali in muratura (leggermente emergenti verso la navata), riccamente decorati e sormontati da nicchie o dipinti. Notevole il quadro donato da Nicola Gagliardi raffigurante la Madonna con S. Giovanni e S. Sebastiano. Nel 1635 fu costruita la Confraternita della Beata Vergine e fu arricchita di dipinti.
Nel 1980 la chiesa a causa del sisma diventò inagibile e per 26 anni ed è rimasta chiusa al culto. E’ stata riaperta nel gennaio 2007.
La Chiesa del SS.Nome di Dio (1666)
La Chiesa del SS Nome di Dio edificata nel 1666, è documentata fin dall 'XI-XII secolo, nel sito che oggi ospita la Chiesa di Santa Maria dell'Olmo. Essa costituì il nucleo originario dell'attuale oratorio. Il culto mariano era collegato ad un episodio di ritrovamento prodigioso di un dipinto bizantino della Vergine.
La vivace facciata, pregevole opera barocca, si affianca in continuità alla facciata della attigua basilica dell'Olmo e si raccorda, mediante una piccola scalea, alla piazzetta antistante, su cui prospetta. L'interno dell'oratorio è composto da un invaso unico a pianta rettangolare, in cui si distingue un ampio vestibolo e l'aula sacra; il presbiterio è collocato sul fondo dell'aula.
La parete di fondo ospita una edicola entro cornici, sormontata da una finestra quadrilobata, mentre in controfacciata è presente una cantoria con balaustra lignea.
La sua storia
Nel 1576 fu istituita una nuova confraternita intitolata al Santissimo Nome di Dio e di Gesù, presso la chiesa di Santa Maria dell'Olmo. Nell'anno seguente la nuova confraternita venne fusa con la precedente e assunse il titolo del Santissimo Nome di Dio e di Santa Maria dell'Olmo, prendendo sede presso l'esistente oratorio. Da questo periodo anche l'oratorio viene designato con l'omonimo titolo.
Tra il 1585 ed il 1616 fu costruito un nuovo ospedale più grande e salubre, in sostituzione di quello precedente, in un sito nuovo ma poco discosto. La confraternita continuò ad occuparsi della sua conduzione, mentre l'oratorio funse anche da cappella ospedaliera fino a 1716, quando fu costruita un'autonoma nuova cappella annessa all'ospedale (dedicata anch'essa al Nome di Dio). Nel corso del secolo XVIII l'oratorio è stato ampliato ed ha assunto la veste decorativa di gusto barocco che oggi ancora la caratterizza. A questo periodo va ascritta anche la costruzione dell'attuale facciata barocca.
Nel 1799, nel contesto dei moti rivoluzionari napoletani, vi furono gravi disordini nella città di Cava ed avvennero saccheggi e distruzioni ad opera dei Francesi. Anche la confraternita, l'oratorio e l'ospedale subirono pesanti danni. Con l'avvento dello stato unitario italiano, la confraternita si costituì come ente religioso con la nuova denominazione "Comitato Cittadino di Carità" (1865), perseguendo l'intento di continuare le opere religiose e assistenziali della precedente confraternita. L'oratorio è così entrato nella giurisdizione del nuovo ente e, nonostante alterne vicende, ha continuato fino ad oggi ad essere adibito ordinariamente al culto. Negli ultimi anni del secolo XX è stato restaurato, in seguito ai danni causati dal sisma del 1980. Ulteriori interventi restaurativi all'oratorio e ai locali annessi si sono avuti nel 2015.
La chiesa di S. Giacomo Maggiore
Edificata ai primi anni del Quattrocento dai fratelli Buzio ed Annichio de Vespone, inserita tra le botteghe della cortina settentrionale del Borgo Scacciaventi e dedicata all'Apostolo San Giacomo Maggiore, la chiesa riveste un importanza particolare nella storia religiosa e civile della Città.
Fu, tra l'altro, nel Quattrocento sede delle prime assemblee dell'Universitas Cittadina (publicis civium comitiis) e nella seconda metà del Novecento fu devotamente curata da Mamma Lucia che, profondendo il suo impegno nella pia opera di ricerca e recupero delle salme dei caduti della Seconda Guerra Mondiale, proprio nella Chiesa conservava i poveri resti in attesa di inviarli alle famiglie.
L'edificio, di piccole dimensioni (m. 21.40 x m. 6.10), presenta un impianto planimetrico a navata unica, con una volta a botte ripartita con modanature e fregi a stucco che scandiscono anche l'andamento decorativo delle pareti.
Sull'ingresso è posta la pregevole cantoria a struttura lignea riccamente decorata con fregi e dorature. Di notevole pregio è l'acquasantiera in pietra presente nella Chiesa fin dalla sua fondazione. La facciata modificata nel 1739, per ovviare ai problemi statici insorti a causa dei vari eventi sismici, presenta due lesene laterali che sorreggono il cornicione di coronamento e due lesene centrali su cui imposta l'arcone d'ingresso.
Il portale in pietra parzialmente ricoperto dall'arcone settecentesco, è sormontato da una lapide anch'essa settecentesca su cui è incisa la storia del manufatto. L'edificio è stato interessato da numerosi cicli di restauro, l'ultimo dei quali risale agli ultimi anni del Novecento; subito dopo il terremoto del 23 Novembre 1980, su iniziativa della Soprintendenza ai Beni ambientali di Salerno, fu posta mano ai lavori di rifacimento delle coperture che furono progettati dall'architetto cavese Mariano Granata.
In seguito, nel 1999, la Curia Arcivescovile di Amalfi e Cava diede inizio ai lavori di rifacimento delle finiture che furono affidati all'impresa del concittadino Filippo Bisogno. Le opere riguardarono tra l'altro il restauro degli stucchi e delle dorature, il rifacimento dell'impianto elettrico e l'integrazione degli elementi mancanti o deteriorati della pavimentazione.
Testo realizzato dal Lion's Club Cava in collaborazione con arch. Gianfranco Pellegrino e ing. Carmine Avagliano.
Elevazione delle terre di Cava 1394
Bonifacio Vescovo, servo dei servi di Dio. A perpetua memoria dell’evento.
Poiché rappresentiamo in terra, sia pure con qualità inadeguate, il Salvatore nostro Gesù Cristo, il quale, per glorificarlo, fa salire più in alto, se ha acquisito grandi meriti, chi alla mensa del Signore siede fra gli ultimi, Noi, estendendo dall’altissima vedetta della nostra dignità apostolica lo sguardo di una meditata attenzione alle singole parti del mondo, se scorgiamo una località illustre trattata poco dignitosamente e trascurata rispetto alla qualità del suo essere, ci sentiamo invogliati, sull’esempio del Signore. ad elevarla ad un livello più alto ed a rafforzarla con segni spiccati di distinzioni onorifiche : solo così infatti, assecondati dalla grazia di Dio, assolviamo il nostro compito di buona guida, se cioè, per nostro impegno di servizio, alle singole località corrispondano titoli di dignità in rapporto al loro valore.
E’ una realtà ben nota a tutti che la terra di Cava, della Diocesi Salernitana, con la benedizione del Signore è, ben più di ogni altra città di quelle contrade, fiorente per gran numero di abitanti ed altri doni del Signore, ed ha un territorio abbastanza ampio. Questo territorio è designato col nome del monastero della Santa Trinità di Cava, direttamente soggetto alla Chiesa di Roma, appartenente all’ordine di S. Benedetto, della medesima Diocesi; e in esso territorio si trova il castello di S. Adiutore e vivono in gran numero persone di ambo i sessi.
L’Abate in carica e i diletti figli della Comunità di quel monastero, per quanto attiene al foro spirituale esercitano, congiuntamente o separatamente. la giurisdizione ordinaria in tale terra e suo territorio, e sulle persone che vi vivono e sulle cose che vi si trovano; e per l’esercizio della giurisdizione secolare, la quale spetta con pieno diritto allo stesso monastero, designano funzionari idonei: in realtà, sebbene tale monastero, terra e territorio rientrino nella Diocesi Salernitana e vi siano subordinati, tuttavia l’abate, la comunità, le persone, il monastero, la terra ed il territorio non sono vincolati per nessun aspetto di diritto diocesano o di qualsivoglia altro diritto al predetto Arcivescovo in carica e ai diletti figli del Capitolo ed alla Chiesa Salernitana, tranne che per un determinato, piccolo tributo annuo. A ciò si aggiunga che lo stesso monastero, favorito dalla grazia del Signore, risulta essere riccamente e variamente adornato anche più di molte chiese cattedrali di quelle contrade; si sa inoltre che rendite, beni e diritti di detto monastero appartengono congiuntamente e indistintamente all’Abate ed alla Comunità predetti, ed il solo Abate di norma li amministra.
Se dunque si elevino la medesima terra al rango di città e la chiesa del nominato monastero al rango di cattedrale, la cosa potrà giustamente essere giudicata opera degna di lode e in special modo raccomandabile, e agli abitanti della terra e territorio di cui abbiamo parlato particolarmente giovevole e gradita sotto questo aspetto, che cioè avranno per sempre un vescovo per l’amministrazione della cresima e che, per prendere gli ordini sacri nonché per disporre del crisma e dell’olio santo per assicurarsi le altre funzioni del ministero pontificale ad essi necessarie, non saranno costretti a rivolgersi a prelati forestieri.
Noi pertanto, vagliando con attenta riflessione tutto quanto è stato precedentemente qui esposto e desiderando vivamente portare a compimento l’iniziativa di siffatta erezione —anche per certe ragionevoli, convincenti motivazioni che ad essa inducono il nostro animo —, con piena consapevolezza nostra, su parere dei nostri fratelli e nella pienezza della potestà apostolica, a lode e gloria della medesima Santa Trinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e ad esaltazione della sua santa Chiesa, per la crescita del culto divino e la salvezza dei fedeli, eleviamo al rango di città la terra di cui abbiamo prima parlato e la insigniamo del titolo e degli emblemi di “Città”, e, a ricordo incancellabile delle vicende che in questa regione si compiono in relazione a tale evento, vogliamo che essa sia per sempre chiamata nei tempi avvenire “Città di Cava”.
E inoltre, col parere e la potestà già richiamati, erigiamo del pari e costituiamo in “chiesa cattedrale” la medesima chiesa dello stesso monastero, attualmente priva del governo dell’Abate, perché essa abbia, in virtù del mistero da cui discende l’impegno apostolico. uno sposo idoneo con pienezza di dignità episcopale e ad essa lo sposo stesso presieda e giovi.
Stabiliamo e decretiamo nel contempo, proprio in forza di quel parere e di quella potestà, che in tale chiesa, per la prima volta elevata a cattedrale, vi sia un solo Priore appartenente ai detto ordine, il quale in tale nuova chiesa cattedrale detenga la dignità maggiore dopo quella pontificale; sia a capo dei medesimi fino ad oggi Comunità ora Capitolo. come risultano trasformati; faccia praticare diligentemente il culto divino in chiesa; faccia osservare con scrupoloso impegno da monaci e ministri della stessa nuova chiesa cattedrale la Regola ed esercitare senza negligenza e con premuroso zelo la cura delle anime che gli affidata. Egli corregga, punisca ed emendi, secondo le norme canoniche e la disciplina monastica, le trasgressioni lievi e meno gravi dei medesimi monaci e ministri, ma quelle più gravi siano rimesse all’esame del Vescovo di Cava in carica. E vi sia un solo Decano che rivesta,dopo il Priore, la seconda dignità e, in assenza del Priore o quando il Priorato è vacante, eserciti le funzioni di Priore in tutto. Tanto il Priore quanto il Decano di cui si tratta percepiscano dalle rendite, beni e diritti di cui abbiamo già parlato congrue quote, nella misura in cui si addice alle loro dignità, che pero debbono essere determinate entro limiti da noi stabiliti.
E come in codesta circostanza così in quelle successive, ogni qualvolta accadrà che il priorato o il decanato resti vacante, il Priore e il Decano, salve le riserve apostoliche, siano assunti in carica per elezione del Capitolo e conferma del Vescovo predetti.
Pur tuttavia le altre dignità o cariche amministrative ovvero rappresentanze o altri uffici che colà vi sono stati finora forse sotto altre denominazioni, in nessun caso intendiamo rimuovere, ma, tranne il Priore claustrale — che del resto, secondo quanto è stato premesso, non è indispensabile —. rimangano come prima così come sono. Le rendite poi, i beni e diritti della medesima predetta chiesa testé eretta, con l’ispirazione di Dio, faremo ben distinguere e vicendevolmente separare nella dovuta misura tra il Vescovo ed il Capitolo predetti, e faremo anche stabilire che il numero dei monaci che ivi stesso formano il Capitolo debba essere in ogni tempo rigorosamente rapportato alle possibilità che offrono le risorse, le rendite, i beni e i diritti che appunto, nella distinzione e separazione già dette, rimarranno al Capitolo. Ma le rendite, i beni e i diritti che sono stati attribuiti alla mensa vescovile ed al Vescovo, (dèbbono ad essi liberamente appartenere); quelli che, invece, nella distinzione e separazione di cui si è parlato, saranno stati assegnati alla mensa capitolare, debbono liberamente appartenere, cioè a norma di diritto, al Priore, al Decano, al Capitolo già menzionati ed alla loro responsabilità amministrativa. Quanto al resto, in virtù del parere e della potestà predetti, stabiliamo ed anche ordiniamo che le persone tanto ecclesiastiche quanto secolari di entrambi i sessi che si trovano a vivere, sia al momento che in avvenire, appunto nella nuova città e nel suo territorio — e sarà questo impropriamente d’ora in poi il territorio della diocesi di Cava —., come finora erano tenute a sottostare, nel campo spirituale ed in quello temporale, all’Abate ed alla Comunità predetti, congiuntamente o separatamente, ed erano loro soggette per diritto ordinario, così per l’avvenire siano tenute ad obbedire appunto al Vescovo, al Capitolo ed alla Chiesa Cavese parimenti nel campo spirituale ed in quello temporale, congiuntamente o separatamente, e vi siano sottoposte per diritto diocesano.
Inoltre , come l’Abate e la Comunità predetti, nonché le persone, il monastero, la terra ed il territorio di cui trattiamo non erano soggetti ai menzionati Arcivescovo, Capitolo e Chiesa Salernitana né per diritto diocesano né le per diritto di altra natura, così per l’avvenire il Vescovo, il Capitolo e la Chiesa Cavese, nonché le persone, la terra e la diocesi predette, non siano soggetti ai già detti Arcivescovo, Capitolo e Chiesa Salernitana né per diritto metropolitico né per qualsivoglia altro diritto, ma rimangano come prima immediatamente soggetti appunto alla Chiesa di Roma; e come finora sono stati in rapporto con la Diocesi, così d’ora in poi anche in avvenire rimangano in rapporto con la Provincia Salernitana, sensa che, tuttavia, per gli stessi Arcivescovo, Capitolo e Chiesa Salernitana ne nasca alcun danno per quanto attiene al tributo di cui si è già detto.
E ancora, poiché tanto nella predetta Diocesi Salernitana quanto in altre diocesi e città si trovano in gran numero castelli, terreni, ville, contrade, possedimenti che, insieme con le persone che vi vivono e con le cose che vi sono, anche per diritto ordinario sono stati finora a pieno titoli sotto la giurisdizione dell’abate e della Comunità predetti, e numerosissimi priorati, incarichi di governo, dignità, rappresentanze, uffici, gestioni amministrative ed altri benefici ecclesiastici secolari e regolari, che si accompagnano con la cura delle anime, sono rientrati finora per legittima competenza nell’ambito del conferimento, della provvista, della designazione, dell’elezione, della convalida, dell’istituzione o di qualsivoglia altra disposizione dell’Abate e della Comunità predetti, congiuntamente o separatamente. Noi vogliamo e, in virtù del parere e della podestà di cui si è detto, ordiniamo che tali castelli, terreni, ville, contrade e possedimenti, non in forza di diritto diocesano o di un diritto diverso da quello che finora hanno avuto, ma, né più né meno che nella condizione in cui finora lo sono stati con l’Abate e la Comunità, debbano per l’avvenire sottostare, insieme con dette persone e cose, al Vescovo ed al Capitolo predetti secondo il medesimo diritto ordinario .E poi priorati, incarichi di governo, dignità, rappresentanze, uffici. gestioni amministrative ed altri benefici prima richiamati d’ora in poi debbono rientrare, congiuntamente o separatamente, nelle competenze di conferimento, di provvista, di designazione, di elezione, di convalida. di istituzione o di qualsivoglia altra disposizione analoga del Vescovo e del Capitolo predetti, e rimanere sotto la loro giurisdizione secondo l’uso consueto nel passato. Anche nella predetta Chiesa Cavese si compiano gli uffici divini secondo il rito, il modo e la consuetudine in essa finora praticati.
Infine vogliamo che il Vescovo di Cava che è in carica abbia per sé e per la sua famiglia, negli edifici ivi esistenti, una dimora più dignitosa e confacente al suo decoro, tale che, per mezzo di muri idonei, rimanga completamente separata dall’abitazione degli stessi Priore, Decano e Capitolo; e che per lumi, libri, paramenti ed apparati pertinenti al culto divino e per altri oneri e spese correnti, si provveda accuratamente, come finora si è sempre fatto nel passato, prelevando i mezzi dalle rendite, dai beni e dai diritti sopra indicati, appartenenti tanto al Vescovo che al Capitolo, congiuntamente o separatamente. E ancora vogliamo che tutti questi privilegi, beni e diritti in passato comunque concessi al monastero e nel cui pacifico possesso al momento esso si trovi ad essere a norma diritto canonico, rimangano integri al medesimo, nonostante che la stessa chiesa di detto monastero sia stata eretta, come qui si premette, al rango di cattedrale .Da ultimo decretiamo sin da ora che sia atto nullo ed inefficace se accadrà che su questa materia si voglia diversamente operare, consapevolmente o inconsapevolmente da parte di alcuno investito di qualsivoglia autorità .A nessuno degli uomini, pertanto, sia assolutamente consentito sminuire, o con temerario, ardimento opporvisi, questa pagina di elevazione, di nobilitazione, di assetto istituzionale, o di ordinamento, di volontà e di fondazione giuridica da Noi messi in atto. Se poi qualcuno oserà fare questo tentativo. sappia che incorrerà nell’ira di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo.
Dato a Roma in S . Pietro il 7 agosto, nella seconda indizione, nell’anno 1394 dell’incarnazione del Signore, quinto anno del nostro Pontificato.
N.B. - La traduzione è del prof DANIELE CAIAZZA ed è stata condotta fondamentalmente sulla copia trascritta il 20 aprile 1639 dalla pergamena che è stata conservata nell’Archivio della Badia di Cava,’ ma sono state utilizzate, in punti isolati divergenti, anche la redazione desunta da Jacobus Ainta dal Registrum Bullarum Apostolicum / Segnatura; XII, 5/. e quella riportata in Bullarum... amplissima collectio, t. III. p. IL (1 741).
Tradizioni e leggende sulla Madonna dell'Avvocata
La tradizione narra che la Madonna apparve nel 1470 ad un pastorello, Gabriello Cinnamo. Il giovane, dopo aver visto una colomba svolazzargli intorno, la seguì e scoprì una grotta dietro un cespuglio. La notte seguente ebbe in sogno la Vergine che gli disse di lasciare ad altri la cura delle capre ed edificare in quella grotta una cappella dove sarebbe stata sempre la sua Avvocata. Qualche giorno dopo, mentre era intento ad intrecciare vimini, fu attratto da una luce che veniva dalla grotta e contemporaneamente udì le medesime parole che la Madonna aveva pronunciato nel sonno.Il pastore divenne eremita (Fra' Gabriele) e raccolse offerte per costruire una cappella con il permesso dell'Abate benedettino di Santa Maria Olearia di Maiori. La notizia del miracolo si diffuse ben presto e richiamo' molti fedeli, tanto che non basto' piu' la cappella, ma si decise di costruire una chiesa, con un piccolo monastero costruita al di sopra della grotta, sulla roccia, con l'approvazione del papa Leone X nel 1503.DI questa antica chiesa oggi non rimane traccia se non qualche dipinto nella grotta dove esiste ancora un altare.
Un'altra leggenda (narrata da R.De Simone) racconta che la costruzione della chiesa è legata al fatto che ogni anno, all'inizio dell'estate, una effige di una Madonna nera (trovata un tempo in una grotta sul mare e molto venerata dagli abitanti di Maori) scompariva, per poi farsi ritrovare in cima al monte, finchè la popolazione non decise di costruire lì un'altra chiesa dove la Madona è tuttora venerata ( in effige non piu' nera). Nella Collegiata di S.Maria a mare di Maiori vi è la statua lignea del sec. XVI raffigurante la Madonna col bambino che in origine era situata sull'eremo. Infatti dopo la soppressione del monastero camaldolese presso il Santuario dell’Avvocata, i locali furono spogliati degli arredi, tra cui la venerata Statua della Madonna che, come narra l’anonima Cronica del 1836 “gli amministratori di questa città ebbero la premura di far calar tale statua processionalmente e situata con la dovuta decenza, musica ed altre solennità nell’altare gentilizia del Sig.marchese Mezzacapo nella nave destra di questa Insigne Collegiata, dove viene adorata con ogni divozione, da naturali e da estere popolazioni”. Oggi l’opera è nel Museo della Collegiata, ed è databile nel secondo quarto del XVI secolo. L’autore si muove nell’ambito del Giovanni da Nola più tardo e ne risente l’influenza nella configurazione della Vergine, con la posa sciolta e andante, la testa appena coperta dal velo in modo da far emergere l’intero viso con parte della capigliatura. Una caduta di qualità si coglie invece nella figura del Bambino (osservando il rapporto delle mani della Vergine con il corpo del Bambino si può desumere che quest’ultimo sia posticcio; la mano destra della Madonna, infatti, è libera mentre la posizione lascia intendere che doveva reggere il piedino del Bambino, come si vede in tante altre opere).
Il De Simone narra bene la tradizione del lunedi di Pentecose, giornata dedicata alla Madonna: "All'alba del lunedi di Pentecoste paronio da Maiori e da zone limitrofe varie paranze,ossia gruppi che cantando salgono l'altissima montagna,,,Qui si banchetta all'aria aperta, si canta e si balla tradizionalmente in onore della Madonna Avvocata". Al tramonto si scende dalla montagna sempre cantando, con musiche che di solito sono scandite con le "tammorre".
In antichi testi sono inoltre riportate varie grazie e miracoli: ad es. nell'anno 1626 la statua fu vista piangere il lunedi di Pasqua.
Fino a poco tempo fa si usava prima di salire all'Avvocata, fabbricarsi da soli un particolare tipo di stoffa.Qualche giorno prima del pellegrinaggio iniziava la lavorazione, con molta cura, usando un panno morbido e spesso, oppure del feltro o strisce di lana che salivano ai lati del piede e lo tenevano saldo con delle fettucce ( sullo stile ciociaro).