I monaci della Badia di Cava e la coltura dell’ulivo nel Cilento

Pubblicato in La religiosità Etichettato sotto Scritto da Matteo

Nel Cilento ed in particolare nel Vallo di Diano la coltura dell'ulivo è esistente fin dall'antichità. La presenza di conventi, grancie (strutture adibite alla conservazione di grano e sementi) e feudi ha contribuito a valorizzarla, rendendola una fonte di reddito importante anche per la popolazione locale. L'olio estratto serviva per l'illuminazione, l'alimentazione e l'industria tessile. Era anche utilizzato per la farmaceutica dei monaci presso i conventi.

Le fonti archivistiche della Certosa di Padula e della Badia di Cava testimoniano la diffusione degli uliveti in queste zone. L'olio prodotto veniva concesso in affitto a coloni locali, dai quali si ricavava la "decima", ovvero la tassa in natura che rappresentava la decima parte del raccolto.

Nelle Rationes decimarum Italiae della Badia di Cava viene testimoniato come l'abbandono dei casali medievali determinò la perdita di produzione di olio. La produzione si concentrò successivamente presso grancie e conventi, prevalentemente dediti alla cura dell'orto (coltura mista vigneto-uliveto-erbe commestibili).

La Badia di Cava ha avuto un ruolo importante nella diffusione della coltura dell'ulivo nel Vallo di Diano. I monaci benedettini hanno contribuito a migliorare le tecniche di coltivazione e raccolta dell'olio, e hanno promosso la produzione e il commercio di questo prodotto. I religiosi di Cava possedevano numerosi uliveti in tutta la zona, che venivano concessi in affitto a coloni locali. Ne ricavavano poi la "decima" dal raccolto, e utilizzavano l'olio per le proprie necessità, ma anche per la vendita.  L'olio prodotto dalla Badia di Cava era considerato di alta qualità, e veniva esportato in diverse parti d'Italia e d'Europa, contribuendo a rendere la Ss. Trinita’ di Cava una delle più ricche e potenti abbazie del Regno di Napoli.

 

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